RSS

I post taggati con "abbronzatura"

Ò sole mio: quando l’abbronzatura diventò moda

protezione-solare(2)92071817

È arrivata la primavera e con essa le belle giornate, la temperatura aumenta, si scopre il corpo e la voglia di una gita al mare si fa sentire sempre più. Ma davvero è stato sempre così? Scopriamo insieme la storia dell’abbronzatura.

Rinascimento i nobili erano soliti uscire poco e potevano contare sulla servitù per svolgere ogni tipo di attività, essi perciò si esponevano poco al sole e la loro pella era bianca e candida come la neve mettendo in evidenza le vene di colore scuro, da qui l’espressione “sei di sangue blu” per indicare un nobile. La carnagione pallida differenziava i nobili dal resto del popolo, dedito in genere a lavorare nei campi o all’aperto e quindi ad avere una carnagione più scura. Bisogna aspettare il Novecento per veder cadere il mito del candore della pelle soppiantato da quello dell’abbronzatura. Una pelle ambrata, leggermente scura negli anni Venti era sinonimo di benessere e di vacanza, fu la stilista francese Coco Chanel tra le prime a lanciare questa tendenza. Da lì a poco questa moda si sarebbe diffusa in tutto il mondo.
Oggi esistono addirittura metodi per un’abbronzatura reale usando mezzi artificiali quali lampade o auto abbronzanti.

E adesso non resta che indossare il costume e godersi il sole, amico/nemico della nostra pelle, per una tintarella da invidia!

Fonte:

http://www.trinacrianews24.it/2014/04/05/sole-mio-quando-labbronzatura-divento-moda/

La vitamina D aumenta la sopravvivenza delle pazienti con cancro al seno

Avere buoni livelli di vitamina D nell’organismo si traduce in maggiori probabilità di sopravvivere al tumore del seno, rispetto a chi ha poca di questa vitamina.

Quando possiamo, prendiamo luce del Sole, perché la vitamina D si sintetizza solo così, ed è importante per la salute. Foto: ©photoxpress.com/Anatoly Tiplyashin

E’ la vitamina del Sole, così chiamata perché è proprio grazie all’astro splendente che il nostro organismo, attraverso la pelle, riesce a sintetizzarla e produrla.
E se già sappiamo quanto la vitamina D sia utile per la salute delle ossa, forse non sapevamo che è fondamentale anche per altri processi fisiologici come la proliferazione cellulare o quelli che interessano muscoli, occhi, cuore e polmoni.

Ma, la vitamina del Sole non si ferma qui: pare infatti che sia d’aiuto anche ai malati e, in particolare, alle donne affette da carcinoma mammario (o cancro del seno). Tutto questo, secondo un nuovo studio pubblicato su Anticancer Research e condotto dai ricercatori della Facoltà di Medicina dell’Università della California a San Diego (UCSF), in cui si mostra che adeguati livelli di vitamina D possono far aumentare di ben il doppio le probabilità di sopravvivere alla malattia. Per contro, carenze di questa stessa vitamina sono state collegate a un alto rischio di sviluppare un tumore del seno, in particolare nelle donne in premenopausa.

Il dott. Cedric F. Garland – professore del Department of Family and Preventive Medicine – e colleghi hanno eseguito un’analisi statistica di cinque studi sulla 25-idrossivitamina D, ottenuti al momento della diagnosi nella paziente e durante il follow-up per una media di nove anni. In totale, gli studi includevano 4.443 pazienti con cancro al seno.
«I metaboliti della vitamina D aumentano la comunicazione tra le cellule attivando una proteina che blocca la divisione cellulare aggressiva – spiega il prof. Garland – Finché i recettori della vitamina D sono presenti, la crescita del tumore è impedita e la richiesta di sangue trattenuta. I recettori della vitamina D non si perdono fino a quando un tumore è molto avanzato. Questa è il motivo della migliore sopravvivenza nei pazienti i cui livelli ematici di vitamina D sono alti».

I dati raccolti hanno rivelato che le donne con un alto livello ematico di vitamina D presentavano un livello medio di 30 nanogrammi per millilitro (ng/ml) di 25-idrossivitamina D nel loro sangue. A differenza, il gruppo con bassi livelli di vitamina D aveva in media 17 ng/ml. Non a caso, il livello medio nei pazienti con cancro al seno negli Stati Uniti è di 17 ng/ml.
I ricercatori, per prudenza ricordano che altri studi clinici randomizzati e controllati saranno necessari per confermare i risultati, tuttavia ritengono che i medici dovrebbero prendere in considerazione l’aggiunta di vitamina D nella cura standard di una paziente con cancro al seno e poi monitorare attentamente la paziente.

«Non c’è ragione per attendere ulteriori studi per incorporare supplementi di vitamina D in regimi di cura standard, in quanto una dose sicura di vitamina D necessaria per raggiungere elevati livelli sierici superiori a 30 nanogrammi per millilitro è già stata stabilita», conclude Garland.
Ricordiamo che le linee guida attuali raccomandano l’apporto giornaliero di vitamina di in misura delle 600-800 UI (Unità Internazionali), tuttavia ci sono esperti che ritengono che per prevenire malattie come il cancro sono necessari dosaggi che vanno dalle 2.000 alle 4.000 UI. Ma ci sono anche specialisti che per contrastare una grave carenza arrivano a prescrivere perfino 50.000 UI; altri ritengono però che con 10.000 UI al giorno si possa danneggiare i reni.

Quale che sia la verità, è indubbio che la carenza di vitamina D è una realtà, spesso dovuta alla tutta moderna abitudine di restare per troppo tempo rintanati in case e uffici anziché prendere un po’ di sano Sole – con cognizione di causa, ovviamente.

Fonte:

http://www.lastampa.it/2014/03/10/scienza/benessere/salute/la-vitamina-d-aumenta-la-sopravvivenza-delle-pazienti-con-cancro-al-seno-poCitha3hQPian0wPwAJ7K/pagina.html

Vitamina D: il ruolo fondamentale della "vitamina del sole"

vitamina_d_sole

Da tempo sono noti gli effetti della vitamina D sulla salute ed è dimostrato come essa abbia un ruolo fondamentale nella prevenzione e nel trattamento dell’osteoporosi postmenopausale e senile e sia presupposto indispensabile a qualsiasi trattamento farmacologico legato a tali patologie. La vitamina D oltre ad essere essenziale per una corretta mineralizzazione delle ossa e dei denti e per il rimodellamento osseo, intervenendo nella regolazione del metabolismo del calcio e del fosforo e regolandone l'assorbimento intestinale, è anche in grado di stimolare la produzione di proteine muscolari e di favorire il trasporto del calcio, elemento essenziale nella contrazione muscolare. Studi condotti su persone anziane hanno dimostrato che la supplementazione vitaminica D è in grado non solo di ridurre il rischio di caduta e il conseguente rischio di frattura ma di determinare anche un miglioramento dell’equilibrio della forza muscolare, del tono posturale e della mobilità funzionale.
Recenti scoperte allargano inoltre il contributo di questa vitamina a molti altri tessuti ed apparati e dimostrano che la sua carenza causa l’insorgenza o l’aggravarsi di molte patologie.
Si è notato infatti come essa agisca sull’ipertensione abbassando la frequenza del ritmo cardiaco; diminuisca le riacutizzazioni dell’asma e l’insorgere di raffreddori o influenze.
La vitamina D sembra inoltre contrastare la comparsa di malattie autoimmuni come il diabete e l’insorgenza di alcune patologie cutanee quali la psoriasi e la dermatite atopica. Numerosi studi hanno dimostrato come tale vitamina abbia un ruolo sostanziale nella regolazione della crescita e differenziazione cellulare e osservazioni epidemiologiche avrebbero rilevato che le persone maggiormente esposte alla carenza di vitamina D hanno anche una maggiore predisposizione a sviluppare alcune neoplasie come il carcinoma del colon, prostata e seno. Infine essa sembra agire anche sugli organi visivi: la sua carenza porta ad affaticamento del contorno occhi.
La vitamina D in realtà è un gruppo di pro-ormoni liposolubili ( ossia che si sciolgono nei grassi) costituito da 5 diverse vitamine, definite: D1, D2, D3, D4 e D5. Le due più importanti sono la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo), che presentano attività biologica molto simile. Il colecalciferolo (D3) deriva dal colesterolo ed è sintetizzato negli organismi animali, mentre l'ergocalciferolo (D2) è di provenienza vegetale.
La vitamina D è nota anche come “Vitamina del Sole” perché è grazie al sole che il nostro corpo, attraverso la pelle, è in grado di sintetizzarla. Circa l’80% di vitamina D che utilizziamo viene infatti sintetizzata a livello cutaneo; è quindi raccomandabile una adeguata esposizione al sole, soprattutto per gli anziani.
L’esposizione solare necessaria per garantire livelli adeguati di vitamina D varia a seconda della latitudine, della stagione e dell’ora del giorno in cui ci espone. Generalmente per un’adeguata produzione di vitamina D bisognerebbe esporsi per 15-20 minuti al giorno, per almeno 4 giorni alla settimana, possibilmente scoprendo braccia, viso e gambe. Da ricordare che le creme solari bloccano gran parte delle radiazioni utili alla sua formazione.
Per quanto riguarda la sua assunzione con la dieta, gli alimenti più ricchi di questa vitamina sono il fegato, gli oli di pesce e alcuni pesci marini (aringa, salmone, sardina); quantità minori si ritrovano nelle uova, nel burro e nel latte.
In seguito a richiesta il gruppo di esperti scientifici dell'EFSA sui prodotti dietetici, l'alimentazione e le allergie (NDA) ha recentemente valutato la fondatezza scientifica relativa ai benefici della vitamina D e il suo contributo al normale sviluppo di lattanti e bambini. Tale gruppo di esperti ritiene che il ruolo della vitamina D per lo sviluppo delle ossa e la mineralizzazione dei denti si applica a tutte le età, compresi i neonati e i bambini piccoli (dalla nascita ai tre anni). Quindi l’esposizione al sole è importante a tutte le età, ovviamente con moderazione.

Fonte:

http://tecnici24.ilsole24ore.com/art/sicurezza/2014-03-04/vitamina-ruolo-fondamentale-vitamina-151112.php

L’ipertensione si riduce con il Sole

L’esposizione alla luce solare sembra essere in grado di modificare i livelli di ossido nitrico a livello cutaneo e dilatare i vasi sanguigni, riducendo così la pressione arteriosa. Lo studio

Esporsi con regolarità e cognizione di causa alla luce solare permette di tenere a bada la pressione sanguigna. Foto: ©Photoxpress.com/NatUlrich

Il sole fa bene o il sole fa male? Il quesito appare come l’antico dilemma shakespeariano. Alcune ricerche, infatti, lo ritengono pericoloso; altre ne sostengono il suo effetto salutare. E’ evidente che la differenza di conclusioni probabilmente risiede nella quantità di esposizione. D’altronde, questo è valido per qualsiasi medicamento.

A sostenere l’effetto positivo questa volta sono i ricercatori britannici, i quali ritengono che siano piccole quantità di ossido nitrico (NO) a fare la differenza. Queste, infatti, secondo Martin Feelisch – professore di medicina sperimentale presso l’Università di Southampton – vengono trasferite alla pelle e in seguito alla circolazione sanguigna, riducendo il tono dei vasi sanguigni. La conseguenza sarebbe un miglioramento della pressione arteriosa e un’ovvia riduzione del rischio di infarto e ictus.

Per arrivare a tali conclusioni, i ricercatori hanno arruolato 24 volontari esposti ai raggi ultravioletti UVA per mezzo di lampade abbronzanti. Ogni sessione durava mediamente 20 minuti e in totale sono state eseguite due sedute. Vi era, però, una piccola differenza tra una e l’altra: nella prima, infatti, le lampade emettevano anche calore, nella seconda solo UVA.
«L’ossido nitrico insieme con i suoi sottoprodotti, conosciuti per essere abbondanti nella pelle, è coinvolto nella regolazione della pressione sanguigna – sottolinea Feelisch – Quando sono esposti alla luce del sole, piccole quantità di NO vengono trasferite dalla pelle alla circolazione, abbassando il tono dei vasi sanguigni, e riducendo il rischio di infarto e ictus».

I risultati dello studio, oltre a ciò, sembrano suggerire che l’esposizione agli UVA sia in grado di alterare i livelli di metaboliti dell’ossido nitrico, senza per questo cambiare negativamente le quantità di vitamina D presenti in una persona.
«Questi risultati sono significativi per il dibattito in corso sui potenziali benefici per la salute del sole – aggiunge Feelisch – Evitare un’eccessiva esposizione è fondamentale per prevenire il cancro della pelle, ma non farlo completamente potrebbe aumentare il rischio di malattie cardiovascolari. Crediamo che l’NO dia un importante contributo finora trascurato per la salute cardiovascolare. Negli studi futuri intendiamo verificare se gli effetti valgono in un ambiente più cronico e individuare nuove strategie nutrizionali mirate a massimizzare la capacità della pelle di immagazzinare NO e consegnarlo alla circolazione in modo più efficiente».
Insomma, il sole fa bene, sempre se l’esposizione è graduale e moderata. Come sempre, la Natura possiede gran parte delle soluzioni per la nostra salute.

Fonte della notizia: http://www.lastampa.it/2014/02/18/scienza/benessere/lipertensione-si-riduce-con-il-sole-BTZro1CGHGDBM2a9iF56dO/pagina.html

Dalla vitamina D un aiuto contro l'asma

Vitamina D per curare l’asma

Genova - L’esposizione al sole, attraverso la conseguente produzione di vitamina D, può migliorare lo stato di salute nei pazienti che soffrono di asma, malattia cronica del sistema respiratorio che colpisce milioni di persone nel mondo. E’ quanto sostenuto da uno studio realizzato da un gruppo di ricerca del King’s College di Londra e pubblicato sul Journal of Allergy and Clinical Immunology.

Nonostante il trattamento di pazienti asmatici attraverso la vitamina D non sia ancora stato testato, i ricercatori sostengono che questa vitamina ha il beneficio di tranquillizzare la parte iperattiva del sistema immunitario che causa l’asma e, una sua carenza, può peggiorare i sintomi della malattia. Nel dettaglio, i ricercatori inglesi hanno studiato l’impatto della " vitamina del sole" sull’interleuchina -17, una sostanza chimica che aiuta a scongiurare le infezioni ma, se prodotta in quantità eccessive, può aggravare lo stato di salute dei pazienti asmatici, riducendo la capacità di risposta ai farmaci steroidei.

Dopo aver monitorato ventotto pazienti, i ricercatori inglesi, guidati dalla professoressa Caterina Hawrylowicz, hanno osservato che i livelli d’interleuchina-17 diminuivano in maniera considerevole proprio in relazione alla produzione di vitamina D.

Fonte:

http://www.ilsecoloxix.it/p/magazine/2013/05/20/APsvVaZF-contro_vitamina_aiuto.shtml